Il fuoco di Prometeo in cucina, un racconto ancestrale

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La cucina dello chef Angelo Treno nasce attorno al fuoco della convivilità.
L’amore per la Sicilia, la riscoperta delle origini, il Mediterraneo. 

Brezza leggera sul volto. Aria ottobrina. Gli occhi curiosi di un bambino inseguono un uomo che trasporta delle rane. Si poggiano poi su un gruppo di giovani riuniti attorno all’abbeveratoio.

Lungo la strada si diffonde un profumo di minestra, quella della condivisione: sapori genuini, doni della terra, l’espressione più autentica della vita contadina.
Angelo è un bimbetto che non smette di osservare, sguardo in lungo e in largo, senza però perdere di vista papà Giuseppe, uomo dalle mani grandi e possenti, contadino dal fisico robusto, conosciuto da tutti, a Piazza Armerina e dintorni, come Peppino. E questo che indossa pantaloni di velluto a coste larghe e una camicia a quadri, al piccolo, guidato dal suo passo spedito, pare quasi una torre inespugnabile, così maestoso e forte, nella figura e nell’animo.
Ad Angelo non è mai balenato in testa di rivolgersi a lui senza il “voscenza”.

E intanto la meta viene raggiunta: è un’antica bottega dove è possibile trovare prodotti del territorio. Mostarda, frutta secca e tutto ciò che rende sereni e soddisfatti uomini di altri tempi.
Avviene qui un incontro: quello tra un bambino, ignaro del mondo, e la signora aringa.
Il papà, dopo averla acquistata, la avvolge nella carta paglia e la mette su un enorme braciere sotto la cenere, per poi sbriciolarne la pelle con le mani.
L’ambiente a casa è caldo e accogliente: anticipa nella quotidianità gusti familiari.
La mamma, frattanto, si occupa delle patate, che non devono assolutamente mancare, perché saziano l’appetito. E ci sono pure cipollotti, arance, il finocchio di stagione.
L’aringa è a tavola. Il bambino allora corre veloce nella stalla e prende il vino con una brocca di terracotta.

Questo è un racconto custodito nella mente, immortalato nel tempo come una sequenza di scene dipinte

Ci sono anche altri ricordi, come uno che vede, tra i protagonisti, uomini dalla fronte sudata. Che, finita la vendemmia, prima di ricevere il compenso per il lavoro portato a termine, si riuniscono a casa di Peppino, condividendo il pasto. Volti felici, parole allegre, brindisi, l’odore della triglia fritta. Tutto preceduto dalla preghiera: il ringraziamento per una convivialità, desiderata e preservata, frutto di sacrifici.

E se invece si guarda alla zona a sud di Piazza Armerina, si intravedono fiumiciattoli, fatti di ciottoli e sabbia. Qui ci si diverte a prendere granchi e gamberi di fiume. Vengono arrostiti sulla fiamma viva. Talvolta capita di acciuffare qualche anguilla.

L’aria improvvisamente diventa color fumo.

Alla stazione di Catania è in atto un saluto di sguardi. C’è un sedicenne pronto a partire per Torino. Questa volta sono gli occhi di Peppino a tracciare i dettagli di una scena animata da sentimenti profondi e custoditi nel cuore: la scelta di un padre di guardare, con lungimiranza, al futuro del figlio. Per Angelo il volto del papà è un ammonimento ad essere forte, bravo, un’esortazione ad ubbidire alla zia che lo ospiterà.
L’adolescente sale sul vagone, prende posto. Inizia il suo viaggio.
Mette la mano in tasca. Ha con sé dieci mila lire e, non lo sa ancora, questi soldi li spenderà tutti in una volta, arrivato alla stazione di Torino, per prendere un taxi.

Orizzonte alpino, benvenuti a Torino

In questa città Angelo Treno intraprende a soli sedici anni la sua prima esperienza lavorativa. Incomincia nel noto bar San Carlo.
Da allora una vita fatta di lavoro e sacrifici e una quotidianità costellata non solo dal profumo della cioccolata, ottenuta a quei tempi con il cacao in polvere mescolato allo zucchero, ma anche dai colori delle etichette, ben in vista, delle bottiglie dietro il bancone dei locali. Le scritte con indicazioni ed ingredienti sono da imparare rigorosamente a memoria: ricordarle per bene significa aspirare ad una qualifica più alta.

Angelo contemporaneamente non rinuncia alla formazione, indispensabile per migliorare in toto la persona, la professione, il bagaglio di competenze. E coltiva anche un personale e intimo interesse per la filosofia.
Poi, dopo avere fatto il barman e il maître di sala, negli anni ’70 entra in cucina, dove si accende la fiamma del cuoco, quella che viene alimentata esclusivamente dalla gioia che si prova nel preparare il cibo per gli altri e dare così un inizio alla conviavilità.

Scorrono gli anni. Lui va in giro per l’Europa. La sua cucina si arricchisce di nuovi sapori, contaminazioni, tecniche, maestria. Da un luogo ad un altro è una continua scoperta.
Poi si sposta a Milano. 
Il tempo delle origini però non è mai trascorso, mai dimenticato, sempre presente e vicino. 

Arriva quel periodo della vita dove una forza inspiegabile spinge alcuni siciliani ad interpretare, con le abilità acquisite, la trasversale e poliforme natura dell’Isola a tre punte.

Il Mediterraneo nel piatto

Un potere recondito, pressapoco ancestrale, chiamatelo identità (sì, al plurale). Ne sembra espressione esemplare Il Mediterraneo nel piatto (foto in copertina).
Si tratta di un’insalata di aringhe con contorno di patate lesse, arance, cipollotto fresco, olio di casa e una goccia di succo di limone. Un piatto che affonda le radici proprio nell’infanzia dello chef  Treno, nella sua storia.
Prodotti semplici, tipici dell’entroterra siciliano, rivisitati in una ricetta che evoca profumi e ricordi.
Questo piatto, che oggi è caratterizzato da altri ingredienti come yogurt greco naturale, zeste di limone e perle di melograno, può essere assaporato Al Fogher, ristorante a Piazza Armerina aperto nel 1992 da Angelo e dalla moglie, la pastry chef, Ernesta Tudisco.
Una cucina che racconta luoghi, uomini e donne, ma anche le storie della terra e dei suoi tesori.

Al Fogher, parola veneta che rimanda alla fiamma, è un omaggio al fuoco della convivialità, attorno a cui ci si riunisce per riscoprire l’alchimia di sapori autentici.
La struttura che oggi ospita il ristorante era, un tempo, un vecchio casello ferroviario. E la casualità del cognome di Angelo – Treno appunto – non può che far affiorare un lieve sorriso nel volto di chi apprende questa storia.

Alchimia di sapori autentici

« Qui – afferma lo chef Treno – celebro l’incontro di tradizioni e di culture diverse: la magia della Sicilia. Rispettare il territorio significa custodire ogni dettaglio, non solo dei luoghi, ma anche delle persone. Quando cucino – aggiunge – il pensiero è rivolto soprattutto ai bambini, all’infanzia. Credo che se un cuoco riesce a soddisfare il palato dei più piccoli, può conquistare anche quello degli adulti». 

Qui celebro l’incontro di tradizioni e di culture diverse.  È la magia della Sicilia.

Angelo nei piatti mette cuore ed emozione e ha sempre al suo fianco Ernesta, donna dalla grande sensibilità e dallo stile elegante e ricercato che si riflette nella sala. Famiglia e condivisione.
Il fuoco qui è luce e calore. Si ritorna alle origini.

Al Fogher, lo chef Angelo Treno con la moglie Ernesta e il figlio Niccolò
█ Al Fogher, lo chef Angelo Treno con la moglie Ernesta e il figlio Niccolò

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